Esperimenti architettonici sull’ isola Bisentina: la “Rocchina†di Antonio da Sangallo il Giovane
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L’omaggio della nostra redazione all’isola Bisentina che animò la mano virtuosa e sensibile di un grande architetto dell’epoca rinascimentale Antonio da Sangallo il Giovane, e lo facciamo grazie all’occhio acuto e penetrante del nostro Francesco Moretti.Â
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Se è vero che gli amori passati non sono altro che dei preparativi in attesa dell’amore della propria vita è anche vero che, molto spesso, per gli architetti certi edifici rappresentano dei veri e propri plastici in scala 1:1 sul quale operare sperimentazioni compositive e formali.
Del resto, quando si ha molto lavoro e si seguono diversi cantieri in contemporanea è quasi inevitabile, sia per motivi pratici e sia per motivi di tempo, che le sperimentazioni vincenti acquisite su un progetto diventino prassi in lavori successivi.
Questo modus operandi era sicuramente molto caro ad Antonio daSangallo il Giovane,la cui attività edificatoria nella Tuscia risulta essere davvero molto prolifica. Architetto capace di applicare le buone regole della teoria architettonica, Sangallo è anche abile nell’ atto pratico e operativo ed è proprio grazie a queste sue capacità che seppe inserirsi alla perfezione in ambienti dominati dalla politica degli alti prelati, dei finanzieri e dei curiali pronti a costruirsi palazzi e ville fastose servendosi del genio degli architetti all’epoca considerati più bravi e capaci.
L’attività nell’alto Lazio del Sangallo, si concreta grazie al mecenatismo della famiglia Farnese, per la quale lavorò dal 1512 al 1546 (anno della sua morte). In questo arco temporale si inseriscono opere come la chiesa di Sant’Egidio a Cellere (1510-1513), la rocca di Capodimonte (1513-1515), la rocca di Montefiascone (1519), palazzo Farnese a Gradoli (1520 ca.), la chiesa di Montedoro (1523-1526) e la città di Castro (1537).
(LA ROCCHINA scatto a cura di Francesco Moretti)
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Questa serie di opere dimostra quanto fosse attivo e prolifico il lavoro progettuale svolto dall’architetto rinascimentale che, visti i tempi di lavoro limitati, era costretto sia ad utilizzare tipologie architettoniche facilmente ripetibili, sia ad affidare l’esecuzione di queste ad altri collaboratori. Non sorprende quindi constatare che il tempietto di Santa Caterina o “Rocchina†sull’isola Bisentina, che con la sua pianta ottagonale dal 1520 si adagia su una porzione di roccia viva a picco sul lago caratterizzandone architettonicamente e paesaggisticamente il profilo, sia in realtà un esperimento in scala ridotta di progetti ben più grandi ed importanti. Del resto, Antonio da Sangallo il Giovane mostrò una particolare predilezione per le piante centriche in relazione agli edifici religiosi, in un periodo in cui era ancora vivo il dibattito sulla scelta tra impianto centrale e impianto longitudinale. Secondo lo storico CrisophJobst, questo tempietto, insieme alla chiesa di Santa Maria di Loreto in Roma, rappresenta uno dei primi esperimenti di impianto planimetrico ottagonale con alternanza di nicchie rotonde o rettangolari. Un tipo architettonico sicuramente molto efficace visto che sarà poi riproposto dall’architetto, con opportune varianti, per il progetto della chiesa di Santa Maria di Montedoro a Montefiascone e per la chiesa di San Tolomeo a Nepi.
(Scatto a cura di Francesco Moretti)
La carica sperimentale della “Rocchina†non si esaurisce di certo in un passato ormai lontano ma resta viva e vitale anche oggi che l’isola Bisentina ritrova un suo “Rinascimento†come monito per un’idea di progetto nel paesaggio che può passare anche per la piccola scala. Una conferma, se mai ne avessimo avuto bisogno, del fatto che questo territorio, se opportunatamente utilizzato può essere protagonista della storia e dello sviluppo del paese, grazie alla sua posizione geografica e alle bellezze che lo caratterizzano.
Francesco Moretti
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