
FRANCESCO MOCHI
ANGELO ANNUNZIANTE
“L’Angelo fu commissionato a Francesco Mochi nel 1603 dai Soprastanti dell’Opera del Duomo in seguito alle raccomandazioni di Mario Farnese, duca di Latera . Il primo acconto fu di 10 scudi. E, da quel momento, i pagamenti si susseguirono per tutto il 1603 e il 1604, e terminarono il 30 luglio 1605 con il saldo finale per un totale di 600 scudi. L’Angelo era stato collocato all’interno del duomo già il 20 aprile 1605, nel coro, alla destra dell’altare maggiore. La sua introduzione nella cattedrale non incontrò nessun ostacolo, come accadde invece, in seguito, per la Vergine Annunziata. Con ogni probabilità l’angelo teneva nella mano destra, che oggi è mutila dell’indice, un giglio e ciò sarebbe confermato dall’incisione di Bombelli; infatti tra le dita resta tuttora un frammento dello stelo.
L’opera fu considerata dai contemporanei il capolavoro giovanile dello scultore toscano. Il suo biografo, il Passeri (ante 1679) ricorda le lodi che ricevette e che gli valsero in seguito commissioni importanti, e apprezza, soprattutto nell’Angelo, il pathos che investe tutta la figura e la tecnica abilissima con cui il Mochi aveva risolto il problema statico. La critica successiva ha rivolto la sua attenzione a quest’ultimo aspetto: la statica viene infatti considerata inimitabile.
La fortuna in senso proprio dell’opera sembra finire qui. Alla fine del ‘800 il Della Valle, pure lodandolo, critica la scultura per l’eccessivo movimento delle vesti e per i giri troppo regolari che la stoffa forma sul braccio, che ispireranno, così egli afferm, il Bernini che di qui “prese l’esempio ed il fare.†L’atteggiamento di ispirazione anti barocca e costante per tutto l’ottocento, a cominciare dal Comicognara (1824)che considerò difetto del tempo quella che a lui appariva una forzatura nella posizione dell’Angelo, per finire con il Fumi (1891) che disapprovò l’intento del Mochi di oltrepassare i confini del naturale. E noto che in una sua visita ad Orvieto, nel 1857, Pio IX, non apprezzando le due statue dell’Annunciazione , aveva espresso il desiderio che esse fossero rimosse dai lati dell’altare. E, ciò fu messo in atto solo nei ultimi anni dell’800; nel 1896 erano ancora all’interno del duomo. Evelina Borea nel 1966 ha indicato una delle chiavi di lettura per l’opera del Mochi nel Caravaggio e, nel caso dell’Angelo di Orvieto, ha ricordato l’Angelo del “Sacricio d’Isacco†oggi agli Uffizi. Il Golzio, nel 1950, lo ha invece messo in relazione con la scultura ellenistica, e, genericamente, con il tipo della “Vittoriaâ€.
MADDALENA DE LUCA SAVELLI
in FRANCESCO MOCHI 1580-1654
ed. Cento Di 1981
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